AAA APPARTAMENTI CERCASI

un racconto di: Cristina (Xina) Veronese

Agitatrice culturale milanese dall’adolescenza. Co-fondatrice del Virus, luogo storico del movimento Punx degli anni ’80. Dal 1990 partecipa alla nascita di Pergola Tribe dove si occupa della direzione artistica. Nel 2007 crea lo spazio Tantrika dedicato al DiY e dove si esibiscono street artist milanesi. Attualmente madre atipica e owner del Tantrika shop.

La signora Rita ci aveva passato la vita in quei 60 mq.
Calpestabili, come le faceva notare il ragazzo dell’agenzia, che a venderli ne venivano fuori di più.
“Meglio per lei sciura” aveva ammiccato con quella faccia di gomma.
Un bravo fioeu, niente da dire. Lo aveva fatto accomodare in salotto per un caffè con i fiocchi.

“Seduto, bollente, per niente, così diciamo noi” e aveva tirato fuori le tazzine di Capodimonte.

Un po’ si era innervosita per la scampanellata insistente a metà mattina, quando proprio non si aspetta nessuno.
“Siamo alla ricerca di metrature come la sua. La gente ci martella, vogliono tutti venire qua all’Isola”.
E il visetto delicato, con la pelle di quel mix di panna e rosa pastello che si raggiunge solo con le levigature del tempo, si apriva di stupore.

“Caro bel giuvinot, e pensare che in queste stradine gli sciuri facevano fatica a venire. Sui giornali lo chiamavano il covo degli zanza. Che poi a vivere qui non sembrava così strano, nel dopoguerra ognuno si arrangiava come poteva”.

Così era iniziato il tira e molla. Lui era stato bravo e sarebbe arrivato lontano, pensava la Rita. E ne aveva bisogno perché le dava l’idea di essere un po’ al verde. Se ne accorgeva dai completi che indossava, dal taglio e dalla stoffa. Era stata sarta: prima in casa poi in una tintoria in Farini e poi ancora in casa. Dalla morte del marito aveva smesso. La pensione bastava a far quelle semplici poche cose che scandivano il suo vivere.

“Sai ho chiamato mia sorella” È il primo passo da fare per arrivare a pensare di abbandonare tutto. “Le ho detto: Uè guarda che vengo lì se non ti dò fastidio”.

E così era cresciuta l’idea.
Vendere la casa. Chiudere la porta e tornare nella campagna pavese.

“Qui del resto che cosa fa? Quel po’ di famiglia che le resta è tutta lì”, non lo faceva apposta ma era tagliente quel ragazzo. La metteva alle strette con quelle frasi veloci, così veloci che alle volte non riusciva neanche a seguirlo.
Cosa ne sapeva lui dei giorni passati avanti e indietro per quelle ringhiere e per quelle scale e in quel cortile e in quelle strade.

Lui usava un modo per definire tutto questo: Vintage. Sì, proprio come le borse e le giacche che vendevano nel negozio di fronte alla ferrovia. Un modo raffinato per definire quel mondo che per lei, con i suoi settantotto anni, era stato anche moderno un tempo.
Provava a raccontargli qualche storia, quando saliva per il caffè, ma lui la seguiva per pochi minuti. Poi tornava a parlare fitto fitto. Di soldi. Mutui. Scartoffie da firmare.
Ma sì. Forse era meglio andarsene, La zona era diversa oramai. Quando camminava e tirava su la testa tutto quel bagliore di specchi e metalli le dava il capogiro.

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