Una storia sull’Isola. La mia storia sull’Isola. Lavoro in questo quartiere da due anni circa e credo di poterlo considerare uno dei posti dove vorrei assolutamente trasferirmi, ma le zone di Milano un po’ alternative che ciclicamente vanno di moda, si sa, sono inavvicinabili.
Allora me la godo così, passeggiando nelle mie pause pranzo o all’uscita dall’ufficio, quando faccio a piedi da Segrino tutta via Borsieri fino a via Pepe, per prendere la verde; in quanti mi hanno detto “ma perché non prendi il metrò a Zara che è più vicino?”, ma sono quelli che non capiscono la meraviglia di camminare a passo veloce per queste vie.
Comunque, le mie origini erano già ben radicate in questo quartiere-paese nei primi anni Venti: mio nonno infatti era nato in via Borsieri e ne è sempre andato fiero. Mi raccontava che andava tutti i giorni a giocare a calcio all’oratorio della Fontana, saltando anche le lezioni di Catechismo, perché in fondo a lui della chiesa piaceva più che altro il lato sportivo. Quando aveva raggiunto l’età per fare la Prima Comunione il Parroco di allora gli aveva fatto recuperare tutte le lezioni saltate in un solo pomeriggio, così anche lui era riuscito ad essere “promosso” insieme a tutti gli altri bambini.
Si dice che fosse davvero bravo a calcio, talmente tanto che era stato notato da qualche pezzo grosso dell’Inter di quegli anni e che gli avessero pure organizzato una specie di provino per farlo entrare in squadra. Sta di fatto che in quel fatidico giorno gli era venuta una terribile tonsillite e non si era presentato, così addio Inter.
Quando ero piccola e ascoltavo questa storia immaginavo come sarebbe stata la mia vita da nipotina di un famoso calciatore perché per la me piccola e sognante, il nonno ovviamente sarebbe stato preso; pensavo che saremmo stati tutti ricchi e che era un vero peccato che quell’occasione fosse sfumata. Chissà, magari a quest’ora avrei una casa all’ultimo piano con terrazzo in via Boltraffio o via Alserio. Invece per ora mi accontento di venire fin qui da Milano Sud solo per lavoro, passeggiando nelle mie pause pranzo con il naso all’insù.