Avete mai provato quella sensazione per cui vi svegliate sotto un albero col collo piegato a 90 gradi contro la corteccia dello stesso e il corpo lungo e disanimato steso come un’ombra al sol del pomeriggio?
Avete mai provato quella sensazione per cui di sicuro siete bagnati di urina ma con grande probabilità non è la vostra ma quella di un cane che passava di li?
Oppure quella sensazione di essere guardato da tutti con miserevole sguardo e schifo in commistione?
Probabilmente c’è una testa fracassata in questa storia. Che sia la mia, questo è da vedere.
Intanto guardo da sotto il platano in questa falsa primavera distorta il sole che filtra tra il fogliame e fin qui va tutto bene.
I tram che passano proprio ad un metro scarso da me mi danno ristoro. Sferragliano ariosi e fanno vento. Il fresco mi aiuta ad essere lucido. A riprendere coscienza. C’è il mercato poco più in la. Sento il rumore del girarrosto. Chissà se un giorno salterà in aria portandosi dietro il palazzo della Lupa e la portinaia che abita al pian terreno? Riesco a fare pensieri belli e fecondi talvolta.
è una mia qualità.
Ne ho altre. Molte altre. Ma qui adesso gira tutto. Sono al centro della rotonda. Clacson, voci, fiori.
Clacson è una parola difficile, me ne rendo conto.
La fermata della 60 è piena di gente coi sacchetti. La 60 fa il giro del mondo. È il traghetto che porta fuori da Isola. Mi piace la 60. Mi piace molto.
Sento la nuca bagnata. Sarà sudore. Cola qualcosa dentro il collo del barbour nuovo. Riesco a vedere le mie scarpe nuove. Nere, lucide, lisce, con qualche dettaglio rosso. Non so ancora se mi piacciono o no.
Come sono finito qui?
Mi fa male la testa. Non ho pasticche.
Ma soprattutto perché nessuno mi porta un caffè?.
Perché non vedo arrivare nessun cameriere?
Questa zona è piena di locali ma qui al centro della rotonda non trovi un caffè a pagarlo oro.
Spesso mi capita di fare sogni fantastici. Questo non è uno di quelli.
Una volta, se ricordo bene, ho sognato di essere buco nero.
Mi trovavo in un posto qualunque dello spazio. Era tutto calmo intorno. Le stelle c’erano. Non c’era aria ma io stavo bene e risucchiavo tutto quello che potevo risucchiare.
Adesso mi sembra di starci dentro. Un buco nero dentro un buco nero.
Super risucchio!
Devo smettere di tergiversare.
Ci sarà qualche appiglio.
C’è questa ragazzina di fianco a me. Sento della musica che esce dalle sue cuffiette.
Ecco l’appiglio. Conosco la canzone.
Tanananan tadam bum bum bum che cazzo di canzone è?
La conosco bum bum non ricordo le parole. Cazzo che mal di testa.
La ragazzina inizia a ballare un po’. Potrebbe essere mia figlia da grande. Mi manca mia figlia.
Cazzo come balla bene. Poi si piega verso di me e mi tende una mano, non per prendere la mia. Supera la mia faccia e con le dita infila nel mio orecchio un auricolare della sua cuffietta.
Posso ascoltare la canzone. Sento le parole.
“I could make you happy, make your dreams come true
Nothing that I wouldn’t do
Go to the ends of the earth for you”
E alla fine forse ci sono arrivato. La ragazzina mi tende la mano, io non riesco a muovere il braccio. Allora si china completamente e afferra la mia mano inerte. La tira su di peso. Il mio braccio si stacca da terra. Scivolo sul fianco sinistro. La mia zucca rimbalza sul selciato sconnesso. Non sento dolore. Sento la musica.
Non sento i tram. Non sento la gente vociare. Il girarrosto è sparito. Sento la musica.
Poi appare Tiger Woods, nero ed elegante. Alza per bene la mazza in aria, si piega sulle ginocchia e con grande stile mi colpisce sulla tempia destra e la mia testa inizia a volare su tutto il quartiere.
È bella Isola vista dall’alto. Posso vedere casa mia, il mio ristorante preferito. Il bar dove faccio colazione ogni santo giorno. Casa di amici. Amici. E poi la testa cade e rimbalza. Rotola e si appoggia a un muretto. Gli occhi verso la pietra. Non vedono niente.