#POSTCARDSFROMISOLA

L’ISOLA, IL PRATO E IL BOSCO

Roberto e Barbara abitavano insieme in via Cola Montano. Si erano sposati nel 2008. Con loro viveva un gatto. Non avevano figli. Un’estate lasciarono l’Isola, il quartiere in cui vivevano, e partirono per le vacanze. Portarono con sè il gatto, che per la prima volta usciva dal quartiere.

Arrivarono quindi a destinazione. Intorno alla casa presa in affitto c’era un prato che confinava con un bosco. Il gatto per tutto il viaggio era rimasto chiuso dentro una gabbietta. Arrivati a destinazione, Barbara appoggiò la gabbia sul prato e aprì lo sportellino. Il gatto si guardò intorno, fece qualche passo ed entrò nel bosco.
Roberto e Barbara cercarono il gatto per tre giorni, fino a quando un mattino lo videro nei pressi di un cespuglio. Roberto cercò di attirare l’attenzione del gatto. Il gatto lo vide e restò immobile. A quel punto Roberto gli parlò piano: “Micio, noi stiamo tornando a casa nostra, all’Isola, non vuoi tornare con noi?”.

Allora il gatto che, come dice Kipling, “se ne va da solo e tutti i luoghi sono uguali per lui”, come sentì nell’orecchio la parola ”isola”, decise di andare e sparire nel bosco.

*Questo racconto è dedicato al gatto che un tempo era disegnato sull”ingresso della scuola elementare Confalonieri, in via Jacopo Dal Verme. Anche lui è sparito nel bosco.

PENSIERINI SULL’ISOLA

“Fra la piazza con i grattacieli e la piazzetta con i gratta-biciclette io e i miei amici preferiamo la seconda.”
“Nel mio quartiere c’è un cantante che fa tante canzoni ma ha sempre gli stessi stivali.”
“Nel mio quartiere morto un papa non ne hanno fatto un altro.”

“Nel mio quartiere le ragazze hanno più cani che mariti.”

“Nel mio quartiere continuano ad aprire bar. Sembra il paese dei Balocchi ma io non voglio fare Pinocchio.

ALLE ANIME PERSE

Era il lontano 1940, avevo solo 6 anni, e mia mamma decise di comprare la latteria di via Jacopo dal Verme 2. Sopra la latteria avevamo un piccolo appartamento composto da tre stanze che affacciavano su un’ampia anticamera. All’epoca, non sapevo, come del resto molti abitanti dell’Isola, che, alla fine del 1600 lì si trovava un cimitero, chiamato della “Mojazza”, poi trasferito, nel 1786, in quello che oggi è Piazzale Lagosta, fino alla successiva costruzione del Monumentale. Una parte del cimitero corrispondeva all?area che poi sarebbe stata occupata proprio dal civico n. 2 di Via dal Verme dove abitavo con la mia famiglia.

LE CREPE

Zero caffeina, zero teina, zero taurina, zero eroina, zero cocaina. Molto tabacco, molto infuso di finocchio, molti fiori di Bach, un po’ di miso. Senza troppi additivi e superlativi. Tutto questo per aver letto nell’atrio, la seguente comunicazione:

TUTTO HA UN PESO, OVVERO… ESSERI GALLEGGIANTI

Isaac non abitava in via Borsieri. Eppure un giorno la sua mela cadde proprio lì, sui pannelli solari della stazioncina lilla dove puoi fermarti a ricaricare il cellulare o a bere una birretta godendoti lo smog dell’incrocio con Porro Lambertenghi. La gravità è una forma di energia che spesso trascuriamo, perché data per scontata. Siamo piantati a terra, fermati da un dito gigante che ci preme sulla testa, che ci dice di stare lì, che possiamo muoverci, al massimo in senso orizzontale. L’orizzonte a Isola è la torre rossa dell’Unicredit che ti guarda come Mordor guardava Frodo and co.

ALL’ISOLA IN PIGIAMA CON IL CAVALIERE PER I SUOI 80 ANNI

Sette e trenta di un mercoledì sera qualunque. Giuseppe suona il citofono. Domenico, il coinquilino con il quale condivido l’appartamento di via Volturno all’Isola, a Milano, da ormai quattro anni, corre in camera esclamando: “C’è il Cavaliere qua sotto”.

Incredula mi affaccio dal balcone per verificare la notizia, che aveva tutta la parvenza di essere uno scherzo del buon Giuseppe. Due auto ingombranti e particolarmente lucide sono parcheggiate di fronte al portone del condominio, non è uno scherzo. Prendo le chiavi, l’Iphone e non mi preoccupo del pigiama rosa a pois che indosso, e corro giù con Domenico per raggiungere l’amico, ma soprattutto il “vecchio” Cavaliere.

IL NONNO CALCIATORE

Una storia sull’Isola. La mia storia sull’Isola. Lavoro in questo quartiere da due anni circa e credo di poterlo considerare uno dei posti dove vorrei assolutamente trasferirmi, ma le zone di Milano un po’ alternative che ciclicamente vanno di moda, si sa, sono inavvicinabili.

Allora me la godo così, passeggiando nelle mie pause pranzo o all’uscita dall’ufficio, quando faccio a piedi da Segrino tutta via Borsieri fino a via Pepe, per prendere la verde; in quanti mi hanno detto “ma perché non prendi il metrò a Zara che è più vicino?”, ma sono quelli che non capiscono la meraviglia di camminare a passo veloce per queste vie.

Comunque, le mie origini erano già ben radicate in questo quartiere-paese nei primi anni Venti: mio nonno infatti era nato in via Borsieri e ne è sempre andato fiero. Mi raccontava che andava tutti i giorni a giocare a calcio all’oratorio della Fontana, saltando anche le lezioni di Catechismo, perché in fondo a lui della chiesa piaceva più che altro il lato sportivo. Quando aveva raggiunto l’età per fare la Prima Comunione il Parroco di allora gli aveva fatto recuperare tutte le lezioni saltate in un solo pomeriggio, così anche lui era riuscito ad essere “promosso” insieme a tutti gli altri bambini.

ISOLA

Quasi vent’anni fa sono arrivato a Milano come tanti, pieno di belle speranze e idee per un futuro luminoso. Il mondo del giornalismo sembrava ansioso di accogliermi a braccia aperte.

Naturalmente mi sono messo a cercare casa, e naturalmente ho cominciato dalla zona dove credo cominci la maggior parte di quelli che arrivano a Milano da sprovveduti: i Navigli. Poi però un’amica mi ha detto: “Perché non provi all’Isola? È bello, è un quartiere in crescita”. Era l’autunno del 1997 e non sapevo che il mantra “quartiere in crescita” l’avrei sentito ripetere per il ventennio successivo.

Comunque guardo la cartina (non c’era google maps, ai tempi, si girava con le piantine comprate in edicola) e vado a vedere questa fantomatica Isola. Credo di esserci arrivato con la metro da Garibaldi, prendendo la mitica “uscita via Pepe” (“deve andare verso la farmacia, e guardare i cartelli”, ti spiegavano, l’uscita via Pepe è quasi introvabile se non sai muoverti all’interno della stazione). Non mi ricordo bene.

LA LA ISOLAND

Forse è perché non abito in questo quartiere ma quando arrivo ho sempre l’impressione di essere capitata sul set di un film.
Non vi sembra che quel pezzetto di Via Borsieri con gli alberi, le panchine colorate e tanta gente che passa chiacchierando, possa essere una strada di Manhattan in un film di Woody Allen?
E le mamme che aspettano i bambini all’uscita della scuola? Fasce viola su capelli rossi, calze turchesi sotto cappotti verdi, paillettes e nastri sui golfini. E poi? Zoccoli, tacchi e stivali, cappelli e sciarpe colorate e svolazzanti.

Pronte per un musical da ballare nella strada vuota sotto gli occhi di due vigili complici e sorridenti.

La stazione, poi, è il luogo ideale dove girare la scena di un film d’azione: un inseguimento tra binari, scale, angoli e gradini, salite, discese, fino ad arrivare a quegli enormi corridoi deserti e inquietanti. E in sottofondo l’ossessivo annuncio dei treni in partenza.

Esiste poi un piccolo giardino selvatico e gentile, sicuramente il retro di una vecchia villa della campagna inglese, luogo ideale dove prendere un tè in tazze di porcellana tra i tanti vasi tutti diversi, tra piante e gatti che vivono imperturbabili da soli, incuriositi dai bambini di passaggio.

E il sabato mattina, attraversando alcune zone del mercato, non avete avuto la sensazione di essere una comparsa in un film di Bollywood?

CARTOLINE DALLA PERIFERIA

Se c’è una cosa che non mi scende è quando un auricolare smette di funzionare e mi tocca ascoltare la musica da un orecchio solo per tutto il giorno. Mi manda fuori ascoltare tutto sbilanciato da una parte, sembra di camminare sul ponte di una nave in mezzo all’oceano, viene il mal di mare. Quando chiedo a mamma quattro spiccioli per gli auricolari nuovi sembra sempre che sia uno stupido capriccio, ma qui parliamo di diritti dell’uomo, roba da telefono azzurro, non si scherza con i bisogni primordiali che stanno alla base della società. Abbiamo tutti bisogno di starcene per i cazzi nostri, ogni tanto.
Sopratutto alla mia età.

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